La provetta non è tutto rose e fiori come vogliono far credere: le percentuali di successo del cosiddetto “bambino in braccio” sono bassissime e numerose sono le problematiche e i rischi, anche gravi, per la donna che si sottopone ai trattamenti, come innumerevoli e pesanti sono le complicanze e i pericoli a carico dei bambini concepiti in vitro. Queste evidenze sono perlopiù taciute alle coppie che si avvicinano alla provetta convinte che essa realizzerà senza troppi problemi e fatica il loro desiderio di genitorialità.
CONCLUSIONEOltre quarant’anni di politiche del “male minore” hanno fatto sentire in Italia (e nel mondo) tutti i perniciosi effetti che abbiamo esaminato.
Non pochi analisti ritengono che la grave crisi economica che stiamo vivendo sia il frutto maturo della deriva morale iniziata quarant’anni fa con l’introduzione del divorzio (1 dicembre 1970); proseguita tre mesi dopo con la semina del primo germe di mentalità contraccettiva, quando la Corte costituzionale ha abrogato l’art. 553 del codice penale che vietava la produzione, il commercio e la pubblicità degli anticoncezionali (10 marzo 1971); portata avanti dalla legge sull’aborto (22 maggio 1978) e poi dalla legge sulla fecondazione extracorporea (19 febbraio 2004). MALE MINORE, EUTANASIA PASSIVA e TESTAMENTO BIOLOGICOIl Testamento Biologico è un documento nel quale una persona capace manifesta la propria volontà circa i trattamenti medici ai quali desidera oppure no essere sottoposta nel caso in cui, a seguito di una malattia o di un trauma, non fosse più in grado di esprimere il proprio consenso o dissenso informato. Secondo i suoi promotori, la sottoscrizione di un testamento biologico dovrebbe servire a proteggersi dall’accanimento terapeutico, in realtà le norme che garantiscono la tutela da accanimento (e abbandono) terapeutico esistono già: nella Costituzione, nel Codice Civile e Penale, nel Codice Deontologico e nella Convenzione di Oviedo. La sospensione delle terapie è, infatti, consentita in tutti quei casi in cui il loro prolungamento si trasformi in un trattamento medico (terapie di rianimazione, somministrazione di farmaci, operazioni chirurgiche…) gravemente sproporzionato e privo di efficacia clinica rispetto alla reale situazione del malato prossimo alla fine, che gli procuri una continuazione precaria e penosa della vita in modo forzato e macchinoso.
MALE MINORE, EUTANASIA e SUICIDIO ASSISTITOL’eutanasia fa parte della rosa dei “nuovi diritti” di cui la società dovrebbe dotarsi. La sua legalizzazione è perseguita con le solite vecchie tattiche ormai collaudate: è improntata sulla “riduzione del danno”, si fa abbondante uso di politically correct, è presentata come una prassi medica consolidata e perciò da regolarizzare con una legge al fine di prevenire gli abusi (fermare il far west eutanasico).
I favorevoli all’eutanasia affermano che essa altro non è che il “male minore” rispetto alla sofferenza di chi si trovi agli ultimi stadi di una malattia incurabile, o di chi ritenga che la propria vita sia diventata un fardello intollerabile a cui porre fine. Meglio quindi una “morte dolce” anticipata (male minore), che una vita sino alla sua fine naturale tribolata e senza dignità (male maggiore). MALE MINORE e DROGA LIBERATra i “nuovi diritti” da legalizzare, nella nostra società sottomessa all’anarchia dei desideri, non poteva certo mancare il sacrosanto diritto a drogarsi. La “ginnastica” dei bassi istinti (quelli dalla cintola in giù), derivante dalla promozione di ogni forma di contraccezione artificiale, non è sufficiente da sola a distrarre e addomesticare le nuove generazioni, ad ammansire la loro capacità di pensare affinché sia facilitata l’adesione al pensiero unico dominante, ad affievolire il desiderio di “lottare per un mondo migliore”, a indebolire, domare, anestetizzare la forza di volontà e l’energia degli ideali alti. Tutte le dipendenze (sesso, droga, alcool, gioco d’azzardo…) producono schiavitù, una volta divenuti schiavi di una o più dipendenze, l’intera vita sarà sottomessa alla loro soddisfazione compulsiva e tutto il resto non avrà più nessuna importanza.
La promiscuità sessuale è già stata sdoganata, l’alcool e il gioco d’azzardo sono già stati liberalizzati, è arrivata l’ora di passare a qualcosa di più forte, qualcosa che rincretinisce di più e meglio, è arrivato il tempo di legalizzare le droghe. MALE MINORE e MATRIMONIO GAYMale minore e “nuovi diritti” reclamati
Strategia vincente non si cambia. Coloro che vogliono portare a casa ulteriori “nuovi diritti” continuano, logicamente, a usare le stesse “armi” che si sono dimostrate vincenti nel conquistare i vecchi “nuovi diritti” acquisiti in passato, che abbiamo fin qui esaminato. Come vedremo nelle pagine che seguono, costoro continuano a ripetere che c’è un “far west” da debellare, continuano a cambiare la realtà cambiando semplicemente il significato delle parole e, soprattutto, continuano a predisporre la trappola del “male minore”, certi che in questo modo potranno sicuramente contare sull’aiuto dei cattolici, i quali, incapaci di imparare dagli errori passati e stregati dalla “riduzione del danno”, abboccheranno sicuramente come allocchi. È grazie al voto e all’impegno dei cattolici se l’Italia ha potuto avere tre leggi inique come quelle su divorzio, aborto e fecondazione in vitro, non tradiranno perciò le rosee aspettative dei nemici della vita, della famiglia e del Diritto Naturale, che oggi combattono per ottenere il matrimonio gay, la droga legale, l’eutanasia e la sua appendice: il testamento biologico. MALE MINORE e CONTRACCEZIONE ARTIFICIALEUn altro ambito dove predomina il “male minore” è quello della contraccezione artificiale. Imbottire le donne di ormoni per anni - nel caso dei mezzi estroprogestinici (pillole, minipillole, anelli vaginali, cerotti transdermici, impianti sottocutanei…) - o procurare loro un’infiammazione permanente all’endometrio – nel caso della spirale (IUD) -, sono considerati il “male minore” rispetto al “male maggiore” di una gravidanza indesiderata e un conseguente aborto. Il “male minore” è chiamato in causa anche nell’uso del profilattico quale strumento di prevenzione dalle malattie sessualmente trasmissibili (MST). Il “disturbo” al rapporto sessuale causato dal preservativo rappresenta il “male minore” rispetto al rischio di contrarre una malattia venerea (“male maggiore”). MALE MINORE e DIVORZIOPrima dell’introduzione delle due leggi italiane, 194 e 40, campionesse d’iniquità, il Parlamento italiano aveva già provveduto a legalizzare il divorzio con la legge n. 898 del 1 dicembre 1970.
La strategia usata dal fronte divorzista fu la stessa che qualche anno più tardi sarà replicata per favorire l’introduzione dell’aborto: la menzogna insistentemente ripetuta. Con numeri enormemente contraffatti, le separazioni coniugali furono presentate come un’emergenza sociale che coinvolgeva almeno cinque milioni di persone! Una cifra inverosimile che comprendeva nonni e parenti dei separati fino alla quinta generazione. Se sono così tante le persone colpite – si disse – è giusto intervenire, per permettere a questa moltitudine infelice di ritrovare la serenità perduta a causa di un matrimonio sbagliato. La legalizzazione del divorzio rappresentava così il “male minore” rispetto al “male maggiore” di un matrimonio sbagliato e alla conseguente sofferenza dei coniugi e dei loro figli. “Meglio divorziare che far soffrire i figli”, si sente ancora oggi ripetere da chi è favorevole allo scioglimento del matrimonio, veicolando l’idea del divorzio quale rimedio contro le tensioni coniugali e le loro ricadute sulla prole. MALE MINORE e FECONDAZIONE EXTRACORPOREAUn’altra legge iniqua nata grazie al contributo decisivo dei cattolici e dal compromesso con il male, dalla scelta cioè non del bene, ma del “male minore”, è la legge 40 sulla “Procreazione medicalmente assistita” (Pma), approvata dal Parlamento italiano il 19 febbraio 2004.
Legiferare sulla procreazione extracorporea – cioè la fecondazione al di fuori del corpo della donna con manipolazione dei gameti e creazione degli embrioni in laboratorio -, si era reso necessario per fermare la proliferazione del “far west della provetta”, sviluppatosi a partire dal 1978 dopo che in Inghilterra era nata Louise Brown, la prima bambina fecondata in vitro. Nel segreto di cliniche private e laboratori improvvisati si eseguivano sperimentazioni selvagge e senza regole, alimentando un business miliardario e incontrollato, che speculava sulla salute delle coppie sterili facendo leva sul loro desiderio di genitorialità. MALE MINORE e ABORTOIl 22 maggio 1978, con la legge n. 194 il Parlamento italiano rende legale l’interruzione volontaria di gravidanza (Ivg). Tra le motivazioni che ne giustificano la legalizzazione spicca l’intenzione di porre fine alla “piaga sociale” dell’aborto clandestino, dove si contano milioni di aborti illegali e migliaia di donne che ci lasciano la salute e la pelle. In realtà sappiamo che i numeri erano stati gonfiati a dismisura per dare l’idea che ci si trovasse di fronte a una vera e propria emergenza nazionale, a cui lo Stato aveva il dovere di porre un freno. Una donna che vuole abortire, abortirà – dicevano -, e allora tanto vale fare in modo che possa farlo in sicurezza e condizioni igieniche adeguate all’interno di una struttura sanitaria.
“MALE MINORE”, NUOVO NOME DELLA BARBARIE?L’argomento del “male minore” è un argomento che puntualmente salta fuori quando vi sono da prendere determinate decisioni politiche o legislative. I favorevoli al “male minore” si pongono sulla linea del “cedere per non perdere”, sulla necessità di “limitare i danni”. Chi sposa questa prospettiva afferma che è doveroso scegliere un “male minore” se questo può servire a evitare un “male maggiore”. Oppure, trovandosi di fronte a due mali, si afferma l’obbligo di scegliere il minore perché bisogna avere il coraggio di “sporcarsi le mani”, mentre non scegliere affatto è considerata una condotta da irresponsabili.
Per la legalizzazione della fecondazione artificiale extracorporea (Pma: Procreazione medicalmente assistita) si è seguito in Italia lo stesso schema che ha portato alla legalizzazione dell’aborto. Così come la legalizzazione dell’aborto (male minore) doveva servire per sconfiggere l’aborto clandestino (male maggiore) e tutelare la salute delle donne, la legalizzazione della Pma (male minore) doveva sconfiggere il “far west della provetta” (male maggiore) e tutelare la salute delle coppie infertili.
Le manovre, i ricorsi e le sentenze all’attacco della legge 40: un riepilogo e alcune considerazioni12/4/2015
Il 19 febbraio 2004, il Parlamento italiano approva la legge 40 sulla procreazione medicalmente assistita ma, neanche tre mesi dopo, la legge finisce davanti al giudice a seguito di un ricorso presentato da una coppia. È solo un assaggio di quello che accadrà negli anni a venire, che vedranno il susseguirsi di una serie di attacchi puntuali e martellanti che ne eroderanno di volta in volta sempre più l’impianto. Per comprendere la portata e la qualità di quest’assalto alla legge 40, iniziamo col riepilogare le principali sentenze emesse dai Tribunali. Dalla visione del quadro generale potremo ricavare con più facilità alcune considerazioni. L’entusiasmo per la sentenza n. 162 del 9 aprile 2014, con cui la Corte Costituzionale ha aperto le porte in Italia alla fecondazione eterologa, è stato presto smorzato dalla realtà dei fatti: non ci sono gameti, mancano soprattutto donne in età fertile desiderose di donare gli ovociti. L’arretratezza italiana nei confronti della “cultura della donazione” veniva evidenziata l’11 ottobre 2014, in un articolo del giornale digitale Linkiesta[1], da Laura Rienzi - presidente della Società italiana embriologia riproduzione e ricerca (Sierr) -: “In Italia manca completamente la cultura della donazione perché nessuno ha mai chiesto ai giovani di donare il proprio seme o ovocita”. Rispetto agli altri Paesi – aggiungeva Rienzi - “noi siamo indietro di almeno 10 anni”. La legalizzazione dell’aborto non ha conseguito solo fallimenti, ma anche “successi”. Se ha completamente mancato il fine di cancellare l’aborto clandestino e tutelare la salute della donna, non ha certamente fatto fiasco nel provocare – come tragica conseguenza - l’aumento abnorme del numero degli aborti.
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